Il nostro essere è nella realtà attraverso una connessione interdipendente. Noi siamo una sua conseguenza, che a sua volta diventa una causa che cambia l'universo e così via in un ciclo eterno. Noi e la creazione stessa siamo parte della medesima cosa. Parliamo quasi di una visione panteista. Il mondo è un sistema di relazioni interconnesse di cause ed effetti solo perché la percezione dell’uomo del tempo rende gli eventi separati sia di fatto che di nome. È la ragione umana che induce a separare questo evento da quell’altro chiamando il primo causa e il secondo effetto. Per cui solamente quando ne facciamo conoscenza, connettendo causa ed effetto, anticipiamo il tempo intuendo la verità. In caso contrario, nell’ignoranza, ci troviamo imbarazzati e disorientati che perdiamo il senso di essere noi stessi ed entriamo definitivamente in angoscia.
A questo punto entra in scena il nostro cervello rettile e primitivo per cacciarci dai guai facendoci scappare o attaccare inconsciamente. In altre parole, ci emozioniamo perché siamo colti di sorpresa e impreparati. Le emozioni primordiali però sono pulsioni a meta indeterminata, che una lucertola impaurita, indifesa e buona può diventare un coccodrillo minaccioso, feroce e senza scrupoli. Il segreto, quindi, è conoscere le proprie relazioni con il mondo circostante in modo da domare la bestia. Alla luce di ciò però, non possiamo solo ignorarla e non possiamo farne a meno perché senza di essa non saremmo in vita poiché è la sorgente delle pulsioni. Dobbiamo solo imparare a conviverci, a farla fiorire al meglio e renderla un demone migliore. Perciò basiamo il nostro approccio sull'intelligenza emotiva e sulla psicologia positiva, che si concettualizza attraverso il controllo delle proprie pulsioni e sulla ricerca della felicità. Se non riusciamo a farlo, allora prepariamo la nostra rovina che anche il corpo in risposta a questa incapacità di reagire inconsciamente alle emozioni ne somatizza l’energia autodistruggendosi, tramite i processi apoptotici e quindi infiammatori, oppure si mal adatta con i processi tumorali. Gli alti livelli di stress causano sbalzi dei livelli di cortisolo nel corpo causando i classici sintomi delle sindromi come quella di Cushing o quella metabolica. A questo punto l'uso della medicina è inevitabile. Tuttavia, grazie alla psicologia cognitiva diventiamo coscienti della nostra esperienza, avremmo le redini della situazione in mano che non ci emozioniamo più esageratamente e ci connettiamo meglio con il mondo circostante. È facile però a dirsi se non facciamo altro che vivere in prospettiva futura, nell'incertezza del concatenamento degli eventi.
È stato perfino coniato il nome Homo prospectus invece che Homo sapiens. Alcune religioni invitano alla meditazione come pratica da fare ogni giorno, in quanto ci aiuta con il tempo a prendere il controllo dei nostri pensieri che si allontanano dal presente in modo da non subire le emozioni negative che ci annebbiano la mente e ci fanno prendere le decisioni sbagliate. Altre ci invitano alla preghiera perché in essa c’è una sorta di trascendenza che ci ricarica l’anima di speranza, gioia e serenità e ci libera illusoriamente dal dolore. Tutte possono essere valide soluzioni, ma sono un po’ impraticabili, se non in momenti precisi, perché richiedono un continuo distaccamento dalla realtà per domare i cattivi pensieri che ci affliggono.
Un’ulteriore soluzione è quella di essere costantemente coinvolti in qualcosa perché sono gli unici momenti della giornata in cui non pensiamo ad altro che all’esperienza stessa e non percepiamo altro che i suoi sentimenti di serenità, calma e consapevolezza. Vivere in prospettiva è tossico, conoscere perfettamente la propria realtà è impossibile, ma vivendo nel presente e diventando volontà di potenza, facendo anche ciò che è indesiderabile è meglio, che si vive di più e più dignitosamente. Perciò, bisogna credere nella morte come la fine della vita, come la fine della volontà, che null’altro esiste se non per necessità alla fioritura della propria specie. Qui non c’è bisogno di programmare perché tutto si deve fare poiché il fare è l'unico bene possibile.
